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L’uomo, il lavoro e il denaro dopo il COVID Dieci proposte per ripartire tutti, ripartire assieme

Studio Filosofico Domenicano di Bologna

Gruppo di ricerca “L’etica sociale dopo il Covid” 

IL MANIFESTO

manifesto

L’uomo, il lavoro e il denaro dopo il Covid - Dieci proposte per ripartire tutti, ripartire assieme

1. Epidemie, storia e racconto del limite

Il Covid non è la prima pandemia moderna alla quale la società intera è stata chiamata a rispondere.

Il XVIII secolo (inizio della nostra storia contemporanea) mostra, attraverso le pagine di dotta divulgazione dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, quanto centrale sia l’apporto della scienza medica rispetto a questioni sociali di portata elevata quali quelle delle epidemie e della peste. Le voci curate dal medico protestante Louis de Jaucourt distinguono sezioni di pertinenza medica e altre storiche. Se da un lato la fiducia verso la sperimentazione medico-scientifica si mostra centrale rispetto a visioni superstiziose che pure hanno caratterizzato la lettura di tale fenomeno nei vari contesti culturali, dall’altro, particolarmente suggestivo e di interesse, appare lo sguardo dell’intellettuale dei Lumi verso lo smarrimento dell’uomo di fronte a tanto dolore. Attuali sono le riflessioni sulle solitudini vissute all’interno delle abitazioni colpite dall’epidemia; le morti senza sepoltura e le perdite di coloro che in prima linea sono chiamati a soccorrere gli ammalati. Tutto questo dolore cambierà l’uomo? È la domanda dell’enciclopedista che fa seguire una risposta inquietante: chi viveva nella disgrazia, nella miseria, non godrà di nulla e chi era abituato a vivere nei “disordini” tornerà presto alle vecchie abitudini. La fiducia nella scienza, che pur si presenta più solida rispetto ai secoli precedenti, e nell’agire umano, che continua la sua lotta per la costruzione di una nuova cittadinanza, evidenziano i loro limiti che, in tempo di Lumières, non vengono dissimulati.

2.  La drammatica crisi di sistema

La pandemia di Covid-19 ha scatenato una drammatica crisi di sistema che può costituire l'occasione per un ripensamento del modo con cui è stata condotta la globalizzazione, alternativo al neoliberismo. Per evitare la recrudescenza delle disuguaglianze o la diffusione di populismi guidati da leaders dotati di "pieni poteri", occorre orientarsi decisamente verso un rinascimento sociopolitico e culturale, volto a rispondere creativamente alla vulnerabilità umana ed ambientale. Quest’ultima è diventato un problema globale ma sembra avviato ad essere un cambio di campo di intervento globale di primaria importanza.

3.  Una razionalità irrazionale perché inefficace 

Secondo alcuni economisti e studiosi d’impresa, i sistemi sanitari dei Paesi neo-liberal hanno mostrato la loro insufficienza nell’affrontare il fenomeno collettivo della pandemia, dimostrando che la pandemia ci ha insegnato che “we are all in this together”. Una affermazione di questo tipo, che suonerebbe quasi ovvia per chi è cresciuto nella cultura dell’Europa continentale, è invece sorprendente per studiosi di cultura anglofona in quanto mette in discussione, per la prima volta con forza, la fede incondizionata nell’economia liberale. A livello individuale, l’ansia, lo stress e la paura che hanno condizionato i comportamenti di acquisto mettono anche in risalto l’insufficienza del tradizionale assunto di razionalità del decisore (consumatore o manager). I comportamenti irrazionali dal punto di vista strettamente tecnico-economico, hanno infatti aiutato le operazioni di confinamento anche in assenza di controlli capillari, hanno provocato l’accaparramento di scorte ingiustificate e l’accumulo di una notevole liquidità privata e hanno aiutato alcune comunità di imprese a comprendere ciò che stava accadendo per poter formulare una strategia comune di uscita dalla crisi. Di conseguenza la lezione che la pandemia ha dato all’uomo non va dimenticata ma dev’essere lo spunto per un ripensamento del modello di uomo che avevamo imparato ad accettare ciecamente fino a qualche mese fa. 

4. Riflettiamo dunque su libertà e lavoro

La stupefacente convergenza fra l’idea di uomo come lavoratore della tradizione marxista con l’idea di uomo come risorsa dell’impresa della tradizione liberista si è manifestata, fino a febbraio 2020 nell’idea che il lavoro non sia soltanto un mezzo, per l’uomo, ma sia il suo fine. Il vero elemento che emerge dalle discipline scientifiche di business e management è che l’homo oeconomicus abbia smesso, almeno per un attimo, di contare le banconote e si sia posto la domanda sul proprio ruolo nel mondo. La sfida, ora, è fare in modo che questa presa di consapevolezza di sé e della propria comunità, determinata dal COVID-19 e che suscita tanto interesse da parte degli studiosi di management, possa servire di più agli uomini per ritrovare il proprio fine ultimo che alle imprese per riadattarsi a nuove priorità e ricominciare con il business as usual.

5. Collaborazione tra persone, tra Stati e tra Stato e privati

Viviamo in un’unica comunità mondiale radicatasi con eccessiva sicurezza nell’ideologia, accentuatasi negli ultimi decenni, che ciò che spinge avanti il mondo sia l’egoismo, con i suoi corollari di individualismo e utilitarismo. Gli obiettivi economici sono di breve termine e antepongono la competizione alla collaborazione e inducono a comportarsi più contro che per l’Altro. 

La portata delle sofferenze, delle ingiustizie e dei pericoli che la pandemia ha rivelato richiedono un nuovo modello sociale basato sul coordinamento tra le persone e tra le Istituzioni, non solo sulla connessione economica e tecnologica, e su un’equa distribuzione delle risorse, regolata anche da un rapporto equilibrato tra Stato e privati e tra chi conferisce lavoro e chi capitale.

6. Il sistema attuale non si governa e va disinnescato per avere un mondo pienamente umano

L’etica deve prendere coscienza che l’attuale sistema tecnico-economico (ove istruzione, produzione e consumo sono reciprocamente connesse in un moto di auto-accrescimento senza fine) non si può governare, ma solo assecondare nella sua logica. Per questo compito dell’etica è quello di disinnescarlo, mettendo radicalmente in discussione le sue basi. Per farlo occorre agire su due piani:

Teorico: va introdotto e diffuso il concetto di “fine pienamente umano”, perché capace di aprire e arrestare il circolo chiuso di auto-accrescimento infinito del sistema tecnico-economico. 

 Pratico: qui è necessario agire su tre versanti:

a) economico: occorrono politiche che arrestino la denatalità (insostenibile nel lungo periodo) e che incrementino la dimensione culturale e turistica della nostra economia;

b) sociale: bisogna diffondere e realizzare i diciassette obiettivi dell’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile;

c) culturale: va diffusa l’importanza dell’inutilità. Lo sviluppo sostenibile ha senso solo se va verso qualcosa che non serve a nulla ovvero è inutile; altrimenti tutto è utile e quindi nulla ha senso.

7. Perché una soluzione puramente bio-medica al Covid-19 potrebbe fallire

I risultati a livello mondiale che si stanno ottenendo nei paesi economicamente più attrezzati hanno oggettivamente rilanciato in questa primavera la fiducia sui risultati ottenibili dalla ricerca scientifica. In effetti nel giro di circa dodici mesi l’impatto della ricerca con l’introduzione di nuove tecnologie è stato evidente. La ricerca bio-medica in Occidente, in mano alle più importanti holding farmaceutiche da sempre dotate di un particolare fiuto per gli affari, ha dimostrato una potenza strabiliante. Appare evidente però che le campagne di vaccinazioni in alcuni paesi del globo non riescono a raggiungere in maniera efficace ed efficiente milioni di persone nei tempi che l’emergenza richiederebbe. Dal punto di vista biologico questo virus ha dimostrato che ha una “perfida e sfuggente” capacità di evolversi, acquisendo, speriamo solo in linea teorica. La prospettiva che si rischia è l’endemizzazione a livello globale con riaccensioni, dilazionate nel tempo, di focolai in zone ritenute “libere” da Covid-19. 

I disagi economici collegati al lockdown hanno dimostrato che l’impatto è stato del tutto differente tra le diverse classi sociali nei paesi con PIL più alto. La pandemia inoltre ha inciso più profondamente nell’aumentare il divario economico dei paesi ricchi con i paesi più poveri. Tutto ciò contribuirà ad aumentare nel futuro il disequilibrio di accesso alle risorse primarie (acqua, energia e tecnologia) nonché sanitarie. 

Ne segue che la così detta pandemia Covid-19 deve essere definita Sindemia (R. Horton, in The Lancet, 26 sett. 2020). In sintesi estrema la sindemia implica una relazione tra più malattie e condizioni ambientali o socio-economiche e l’interazione tra queste patologie (che siano infettive o non infettive) e i diversi contesti socio-economici, rafforzando e aggravando ciascuno di esse. Per uscire da questa sindemia è necessario un nuovo approccio alla salute pubblica globale, collegato ad un riequilibrio strategico delle risorse economiche, produttive, alimentari e sanitarie nel pianeta. Se si accetta questa nuova prospettiva c’è una via “d’uscita positiva”, l’alternativa sarà il conflitto/conflitti più o meno striscianti.

8. Insegnare, crescere, fiorire dopo il Covid 

L’esperienza del Covid ha messo in gioco e in discussione la figura del docente: gli insegnanti, dalla scuola dell’infanzia sino all’università. L’aspetto più significativo che è stato messo in discussione è stata la modalità tradizionale di insegnare.  Appare necessario sviluppare una nuova struttura di attenzione alla persona, al soggetto pensato come comunitario prima ancora di essere soggettivato, quindi viene ipotizzata una serie di figure graduali del suo sviluppo che ha come suo fuoco la possibilità di parlare, quindi di farlo dopo avere osservato altri parlare. Di qui la possibilità feconda di incrociare la riflessione sulla genesi del soggetto con il contemporaneo dibattito sull’esemplarismo morale nello sviluppo del carattere. 

Ripartire dal volto, un volto che eccede la maschera e mostra l’essere persona che non vuole lasciarsi costringere oltre il necessario ma mostra che la relazionalità essenziale al volto non potrà essere soppressa. Oggi più di ieri è necessaria una pedagogia basata su una filosofia che sappia ripartire quindi dallo sguardo e dal dialogo, così fondamentali nel consentire lo scambio di parole e lo scambio preverbale che fornisce quel supporto emotivo a ciò che si vuole significare e che viene perso negli scambi scritti fintamente dialogici che affannano le menti e distolgono dall’autenticità 

I docenti del domani dovranno avere connaturata la dimensione collegiale: non è possibile ragionare di sviluppo delle competenze se non in una comunità, un team di professionisti che sappia lavorare in dimensione interdisciplinare.

9. Fraternità e amicizia sociale

La lettera enciclica Fratelli tutti di papa Francesco sulla fraternità e l'amicizia sociale ci propone una terapia per il Covid-19.

Contrappone il mondo chiuso, egoistico e individualistico in cui viviamo, fondato sull’ “io”, e la generazione di un mondo nuovo, altruistico, fondato sul “noi”, sulla fratellanza, l’amicizia e la solidarietà. A livello dell’amore politico vengono individuati tre scogli che impediscono la realizzazione della buona politica il populismo, il neo liberismo e la tecnocrazia. L’amore politico viene promosso a due livelli, quello dell’amore elicito, personale e diretto, e quello dell’amore imperato, a livello indiretto e istituzionale.

Il compito che la politica deve assolvere è di difendere i diritti umani, soprattutto quelli dei poveri e degli ultimi. Il capitolo quinto si conclude con l’invito a percorrere, anche a livello politico, le vie della sussidiarietà e della solidarietà, della tolleranza e della tenerezza che devono raggiungere le singole persone. Quello che conta comunque non è ottenere grandi risultati, ma “avviare processi” i cui frutti saranno raccolti da altri.

10. A cosa serve la religione contro il Covid 

Il Contributo Specifico delle tre religioni del Libro nell’attuale crisi è quello di sviluppare la solidarietà verso i più deboli. Questa è un progetto di alto valore, relativo ad ogni possibile intervento sociale post Covid efficace. 

Ma nella vita morale reale è la motivazione (decisione proporzionata al fine propostosi) quella che conta e sostiene l’azione.

Per gli uomini credenti l’esercizio della solidarietà è motivato (e fondato) sulla loro fede nell’escatologia, cioè sulla credenza nella vita futura, con conseguente “relativizzazione” dei beni della vita presente. I credenti hanno anche fede nell’aiuto effettivo di Dio nella presa di decisione personale e comunitaria.

Per i non credenti la solidarietà è una “intuizione di giustizia” generata dalla natura umana sociale e dalla limitazione delle risorse disponibili.   



Firmatari del Manifesto

Giuseppe Barzaghi 
Domenicano, Docente di Filosofia
Giovanni Bertuzzi
Domenicano, Docente di Filosofia
Carlo Boschetti
Docente di Economia
Francesco Compagnoni
Domenicano, Docente di Teologia
Giovanni Cogliandro
Docente di Filosofia
Simone Garavaglia
Domenicano, Studente di Filosofia
Vincenzo Lagioia
Docente di Storia moderna
Sergio Sabbatani
Specialista infettivologo e consulente medico legale
Marco Salvioli
Domenicano, Docente di Antropologia filosofica
Claudio Testi
Imprenditore, Docente di Filosofia
Marco Visentin
Docente di Economia

Bologna, 1 settembre 2021